Il mondo sta cambiando con una velocità sorprendente, spesso cancellando le vestigia del passato scambiandole per cose vecchie e non più servibili. Tutto è iniziato negli anni 50-60 del secolo scorso, con la fine della civiltà contadina e l’avvio di quella industriale, con una smodata voglia di nuovo – con gran vantaggio per gli antiquari anche improvvisati – come se il nuovo rappresentasse un deciso miglioramento della vita. Poi, pian piano, passata l’euforia per le novità, spesso di plastica e di corta vita, si è cominciato a capire che il patrimonio ereditato dalle generazioni passate – architetture abitative, luoghi d’incontro, mobili e oggetti di casa, ecc. – non era solo l’espressione di un passato da superare, me il simbolo di una cultura e di una civiltà a misura d’uomo. Come le osterie, oltre le chiese unici luoghi d’incontro fuori casa, dove sentirsi liberi, dove stare con gli amici, dove disputare senza affanni una partita a carte, dove alzare un “goto” di buon vino per brindare all’amicizia. Anche questo settore ha conosciuto negli anni del dopoguerra la furia devastatrice, come se quelle stanze spesso basse e piene di fumo fossero un male dal quale liberarsi.
C’è voluto qualche decennio per capire che non era proprio così, che le osterie non sono il luogo del vizio e del peccato, dove la gente si ubriaca e bestemmia – questo può avvenire ancor di più in casa – ma dove si sente e si gode il profumo della storia, dove il passato rivive conservando e indicando valori di vicinanza, amicizia, solidarietà, quindi di vera umanità, indispensabili al vivere umano. Perché questo sono le osterie, luoghi accoglienti, dove si respira simpatia, luoghi umili e discreti dove si entra sempre volentieri sapendo di essere accolti col sorriso dal personale che vi lavora, quasi sempre gli stessi proprietari.
Le leggi sono molto severe con chi profana i siti archeologi o chi abbatte alberi anche non secolari, ma dovrebbe non solo essere severa con chi distrugge il patrimonio che per secoli ha vivificato i centri sia delle città come dei borghi di campagna, bensì pronta a sostenere quanti sono impegnati a conservare ciò che di significante e utile ci è stato lasciato dalle precedenti generazioni che, da sempre, hanno saputo filtrare le opere degli uomini conservando solo le migliori. E hanno conservato le osterie, perché le godessimo, perché, anche se ammodernate nei servizi, possano continuare a offrirci piacevoli luoghi d’incontro, dove si respira l’odore di cose buone, dove si gustano i piatti della vera tradizione locale e, soprattutto, dove si sta assieme ad altre persone – uomini e donne – vivendo i valori reali, seppur apparentemente semplici, che caratterizzano le nostre belle comunità.
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