Descrizione
(dalla presentazione di Francesco Zanolla)
L’Errore è per forza di cose un “Errare”, un muoversi fatale e inesorabile in circolo “come un vinile a lutto lucente; come la lavatrice,” o come “nella polvere di una tromba d’aria che disegna nel cielo un punto della domanda che non capisci e giri e rigiri su te stesso a scavare fin nel profondo il buco nero da cui provieni e dove finisci.”
Esse sono un po’ un diario, un po’ la ricostruzione a posteriori di una mappa del tesoro, dove il tesoro è però solo presupposto e ha i contorni poco definiti di un Bene inattingibile e fuggevole, a cui però l’essere umano sembra quasi condannato ad aspirare.
E sono la rappresentazione per forza di cose rapsodica, ma al tempo stesso organica e coerente di una tortuosa e ricorsiva traiettoria “a ritroso”, e soprattutto “dentro” le nostre geografie interiori, il cui unico vero fine sembra essere farci tornare sui nostri passi illuminati dalla stessa consapevolezza espressa da T.S. Eliot nella chiusura del Quarto Quartetto (Little Gidding): noi non cesseremo l’esplorazione/e la fine di tutto il nostro esplorare/sarà giungere là onde partimmo/e conoscere il luogo per la prima volta.
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