Descrizione
Le vicende dei Ferrara, forse i più abili e i più noti tra i grandi spadari di quella stagione ineguagliata, tra gli ultimi decenni del Cinquecento e la prima metà del Settecento. E inseguendo tra carte e archivi le vicende di Zandonà Ferrara (assieme a molti altri comprimari e comparse), del fratello Andrea e dei rispettivi eredi, l’attenzione di De Zorzi accompagna il lettore esattamente tra i poli di quel protodistretto industriale, osservando soprattutto Zandonà nei suoi spostamenti che lo portarono ad operare tanto a Fonzaso, dove era nato e dove evidentemente aveva avuto la sua prima formazione fabbrile, quanto a Belluno, a Sacile e, definitivamente, a Serravalle, unendo quindi idealmente l’intero universo dell’arte veneta delle spade cinquecentesche.
Ma seguendo le vicende familiari dei Ferrara, gli apparentamenti e poi l’evoluzione delle botteghe serravallesi, il quadro si allarga fino alla seconda metà del Seicento, schedando decine di altri artigiani del ferro e riuscendo a delineare, finalmente, un primo inquadramento biografico di quello che è stato uno dei maggiori, se non il primo protoidustriale di Serravalle, quell’Andrea Borsoi, il cui cognome stesso tradisce ancora, ancora una volta, il legame continuo e solidissimo tra Bellunese e Vittoriese, essendo Borsoi una frazione di Tambre d’Alpago, alle pendici del Cansiglio. Spetta infatti a lui di aver traghettato, almeno dai primissimi anni del Settecento il mestiere dello spadaro in quello di lustrar, e leggierir le Publiche Canne da Moschetto.
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